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Esperienza cercasi, il ritorno dei Senior

Esperienza cercasi, il ritorno dei Senior

Per anni ci hanno fatto credere che superati i cinquanta si fosse fuori dai giochi. Troppo vecchi per imparare, troppo lenti per stare al passo, troppo “esperti” per essere flessibili. In un certo momento politico, si è persino parlato di una “rottamazione aziendale”, come se l’età fosse un difetto da eliminare piuttosto che una risorsa da valorizzare. Una visione fallimentare, soprattutto da parte della politica, che ha confuso il rinnovamento con l’esclusione. E invece, sorpresa: gli adulti stanno tornando protagonisti nel mondo del lavoro. Non per gentile concessione, ma perché il mercato ha finalmente capito che l’esperienza non è un peso, è un superpotere.

I numeri parlano chiaro. Secondo il Rapporto CNEL-Istat (2025), i lavoratori tra i 50 e i 64 anni sono quasi il 40% degli occupati in Italia. Tradotto: più di 9,2 milioni di persone attive, con un tasso di occupazione che ha raggiunto il 66,5%, ben 24 punti percentuali in più rispetto al 2004. E non è finita qui: ad agosto 2025, l’Istat ha registrato oltre 10,2 milioni di over 50 al lavoro, mentre gli under 50 sono calati di più di 400mila unità. Il sorpasso c’è stato, e non è solo numerico: è culturale.

Le aziende, spinte dalla necessità ma anche da una nuova consapevolezza, stanno riscoprendo il valore di chi ha già vissuto mille riunioni, affrontato crisi aziendali e imparato a gestire colleghi, clienti e imprevisti con una calma zen che solo l’esperienza può dare. In un mondo dove tutto cambia alla velocità della luce, avere qualcuno che sa come affrontare le tempeste è un lusso. E non è un caso che sempre più imprese cerchino profili senior per ruoli chiave, mentoring e gestione.

Nel contesto aziendale, l’esperienza non è solo una somma di competenze tecniche, ma anche un insieme di risorse psicologiche che si sviluppano nel tempo. Secondo la teoria della maturità professionale, i lavoratori senior tendono ad avere una maggiore consapevolezza di sé, una più solida capacità decisionale e una gestione emotiva più equilibrata. Secondo gli studiosi di Psicologia dell’Università di Bologna, questo si traduce in una maggiore intelligenza emotiva, che è fondamentale per affrontare situazioni di stress, conflitti interpersonali e cambiamenti organizzativi.

La psicologia positiva, in particolare, ha messo in luce come le persone con più anni di esperienza siano spesso più resilienti. Hanno affrontato fallimenti, ristrutturazioni, crisi economiche e cambiamenti tecnologici, sviluppando una sorta di “muscolo mentale” che permette loro di reagire con lucidità e pragmatismo. In un ambiente lavorativo frenetico e incerto, questa capacità di mantenere la calma e di trovare soluzioni è percepita come un vero e proprio vantaggio competitivo.

Inoltre, secondo il modello delle competenze trasversali, i lavoratori senior eccellono in aree come la comunicazione, la leadership, la negoziazione e il mentoring. Queste competenze non si apprendono in aula, ma si affinano nel tempo, attraverso l’interazione con colleghi, clienti e situazioni complesse. È per questo che molte aziende li scelgono per ruoli di gestione, coordinamento e formazione interna: non solo sanno cosa fare, ma sanno anche come trasmetterlo.

Dal punto di vista motivazionale, la teoria dell’autodeterminazione suggerisce che i lavoratori più maturi sono spesso mossi da motivazioni intrinseche: il desiderio di contribuire, di lasciare un’eredità professionale, di essere utili. Questo li rende particolarmente adatti a ruoli di mentoring, dove possono accompagnare i più giovani nella crescita professionale, creando un ponte tra generazioni.

E poi, c’è un aspetto spesso sottovalutato: la fiducia, strategica secondo Daniel Goleman. Le aziende, in tempi incerti, cercano figure affidabili, stabili, capaci di gestire la complessità senza farsi travolgere. E chi ha già affrontato “momenti impossibili” è visto come un porto sicuro. Non è solo una questione di competenze, ma di presenza psicologica: sapere che c’è qualcuno che ha già vissuto certe situazioni dà sicurezza all’intero team.

A dare una mano ci sono anche le politiche pubbliche. La Legge Fornero, ad esempio, offre uno sconto del 50% sui contributi alle aziende che assumono over 50 disoccupati da almeno un anno. E poi ci sono iniziative regionali come RI-SALGO, che aiutano chi ha perso il lavoro a rimettersi in gioco con percorsi su misura. Non è più solo una questione di solidarietà: è strategia, è visione.

E se pensi che la tecnologia sia un ostacolo per chi ha qualche primavera in più, ti sbagli di grosso. Il CEDEFOP, centro europeo per la formazione professionale, sottolinea come l’aggiornamento continuo – il famoso “lifelong learning” – sia la chiave per restare competitivi. E gli over 50, spesso più motivati e disciplinati, si stanno dimostrando sorprendentemente bravi a reinventarsi, imparare nuove competenze e navigare nel mare digitale con sicurezza.

Certo, non tutto è rose e fiori. I giovani continuano a faticare a entrare nel mondo del lavoro: il tasso di disoccupazione tra i 15 e i 24 anni supera il 21%. Allo stesso tempo, le aziende lamentano una crescente difficoltà nel reperire profili altamente specialistici e manageriali, un paradosso che rende ancora più evidente la necessità di un ponte generazionale.

Forse, invece di metterli in competizione, dovremmo pensare a come farli collaborare. L’esperienza dei senior può diventare un trampolino per i più giovani, un modo per trasmettere competenze, valori e visioni che non si trovano nei manuali, ma che sono fondamentali per affrontare le sfide complesse del lavoro contemporaneo

Il lavoro non ha età. O meglio, ne ha tante. E in un mondo che ha bisogno di stabilità quanto di innovazione, l’esperienza è tornata a essere cool. Perché, diciamocelo: chi ha già visto tutto, sa anche come affrontare tutto. E questo, oggi più che mai, è oro.

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